Nell'arena d'erba e fango davanti alla pedana del Macedonia Festival un gruppo di scalmanati affettuosissimi fans della prima ora si contende le vibrazioni elettriche di Cola e Sandro e i colpi sul petto che i microfoni aspirano e sputano dalla batteria di Tommy, precisa e implacabile.
E le urla di David.
Quasi una lotta ordinata, si scontra carne su carne senza dolore, in un rituale perfetto di condivisione e prepotenza.
Amalgamati da un senso di appartenenza che pervade anche me, ci spingiamo tutti al limite dell'impatto frontale con la band, che ci prende letteralmente a calci in culo con il suono.
Un suono di cui a volte sembrano non poter più controllare la deflagrazione.
Poi David è salito sul gradino più in alto, e li si è fermato, in posa come una statua, indicando un orizzonte.
Un moderno Nerone, imperatore incendiario, sulla sua infuocata città danzante.
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