Se non hai mai giocato con jack, distorsori e tutto quello a cui questi due elementi imprescindibili del rock possano essere attaccati, King Automatic devi studiarlo.
Fabbrica il groove con pochi gesti da prestigiatore elettrico.
Piazza il giro, si arma e parte.
Un, deux, trois, quatre..
Poi surfa con personalità, sulla sua chitarra preziosa, squadrata, impossibile.
Martin si piega sulla chitarra e la impugna tra le sue braccia larghe e ossute.
E' alto, e per cantare sul microfono compie un ulteriore sforzo verso il basso.
Con questa sintesi di posture scomode suona, sul suo viso leggi la dedizione sincera per quello che fa.
Martin vuole suonare il rock'n'roll e basta. Lo fa da vent' anni, attraverso tante band che ha formato e in cui ha militato ( The Blacks,Dixie Buzzards,Locomotions,Tokyo Knives,Rev. Savage and his Holy Rollers,The Humans,Murder By Guitar,Strawberry Savage,TJ and the Lipstix,The Playmobils)
Il concerto comincia.
Simon, un colosso, alla batteria, spesso indugia al bancone del bar, non sbaglia un colpo, seppur visibilmente cotto.
Henrik, al basso, preciso come un orologio, sembra di vedere un ologramma di John Paul Jones.