sabato 27 luglio 2019

Land Wars - Italian Party 2019


Land Wars
E' un caldissimo pomeriggio a Umbertide, ma quest'anno si torna all' "Italian Party", cascasse il mondo, anzi, si sciogliesse il mondo: una ricarica di novità e conferme dall'etichetta To Lose La Track e ospiti vari che mi serve per capire a che punto siamo della storia dell' hard/emo/post/no-core & Co.
Tra la psichedelia dei Cacao e l'aggressività dei Lantern mi imbatto in questo formidabile duo inglese.

I Land Wars sono di Londra, l'ho letto dopo, ma lì sul momento quando l'estroverso e carichissimo Sean, il batterista, si presenta al pubblico con un caloroso saluto in un italiano abbozzato ma sincero, si capisce che non sono un prodotto locale.
Anche se, in una giornata così, l'Italia si confonde con l'oltremanica e l'oltreoceano e viceversa, senza strappi.
E' un unico mondo di rock'n'roll e tendenze planetarie che sappiamo benissimo interpretare, da sempre.



Fatto sta che mentre Cris, il chitarrista, accorda la sua Fender, Sean si è già rovesciato addosso mezzo litro d'acqua inzuppandosi tutto. Ora è prontissimo, anzi, un'ultimo brindisi dall'alto del suo sgabello, ecco, ci siamo.

Un profluvio di arpeggi e tapping in tonalità maggiore, maggiorissima, veloce e spensierato fuoriesce da quelle sei corde dal suono cristallino.
Che tecnica completa!
Ma non c'è nulla di cervellotico e noiosamente prog in tutto questo, no, perché è tutto molto fluido, senza alcuna attesa fra i passaggi.
Cris riesce anche a saltellare tra uno stop and go e l'altro, c'è la confidenza con l'esibizione, nonostante la complessità dei pezzi richieda evidentemente di non staccare un secondo gli occhi dalla tastiera.





E il bello è che Sean lo segue colpo su colpo in ogni cambio e su ogni accordo o singola nota e lo incalza con groove funky quando il pezzo deve scattare in avanti.
Non si sa mai quando stanno per suonare l'ultimo riff di un brano, poi quando succede scatta l'ovazione.
Perché tutto questo è saper suonare, con padronanza accademica, il proprio strumento, senza però quell'auto-referenzialità inutile che un certo jazz o blues spesso tendono a mostrare.










Uno spettacolo coinvolgente che ha termine con un lunghissimo applauso nel caldo del chiostro dove è allestito il loro palco. Già fuori, nella seconda postazione, si sente il rumore del sound check di un'altra band, andrà tutto avanti così fino all'una di notte.
Mentre sono in fila per una birra li vedo passare.
Li fermo e mi congratulo con loro.
"Era proprio caldo, eh?" dico loro, "Si, ma è stato davvero divertente!".risponde Sean.











Solo divertente?
E' stata una bomba!
Al prossimo anno, Italian Party.

Luz