martedì 6 febbraio 2018

CUT Live at C.S.A. Donchisciotte













Un venerdì sera di pioggia di quelli che ti impediscono di fare quasi tutto, ma è troppa la voglia di andare a vedere cosa succederà in quella vecchia scuola elementare che da quattordici anni è la casa del Rock e di tanta altra umanità, calore, amicizia, arte, politica, vita.
Due storie importanti si incontreranno e si renderanno omaggio a vicenda.
Non si lesineranno abbracci e sudore, nel rispetto della tradizione del live set, quello serio.




Il Donchisciotte, un'ora prima del concerto, è già pieno dentro e fuori, fin dove si può stare senza bagnarsi.
Generazioni mescolate com'è giusto che sia, ancor più stasera che suonano i Cut, attivi dal 1996, quando buona parte dei ragazzi che servono le birre al bar non era neanche nata, o poco ci manca.
Ventidue anni di chitarre distorte che rombano nella testa, ritmiche energiche, rock sui palchi, per terra, tra la gente.
Una discografia che conta cinque album in studio, un live in U.K. ed un EP.
Hanno contribuito alla nascita ed allo sviluppo della Gamma Pop: una delle più importanti etichette indipendenti italiane.
Nove tour europei e concerti oltreoceano.
Suonano da dio, questo lo senti subito, anche se di quanto scritto sopra non sai niente.


Ferruccio e Carlo alle chitarre, gestite con grande esperienza, calibrando i pieni ed i vuoti e soprattutto senza farti sentire la mancanza del basso: cosa difficilissima, eppure.
Eppure, con riff densi di rock-blues spinti a velocità sostenute, sovente spezzati, rallentati e ripresi, che abbracciano decenni di stili diversi e sperimentazioni, trascinano tutti quanti dentro la loro bolgia.
Quando il palco brucia loro sotto i piedi si avventurano a turno nel groviglio di corpi ondeggianti, che si apre in due e li accoglie, li studia da vicino e brinda con i manici delle loro chitarre.


Alla batteria c'è Tony Booza, in perfetta sintonia con la voglia di scatenarsi che aleggia in sala.
Ci sostiene tutti quanti e quando un pezzo finisce, in quella brevissima pausa prima del suo "four!" lo osservo respirare e tendere i muscoli del volto di nuovo, aggressivo, padrone del tempo che non ci lascia scampo.
Più di un'ora di tutto questo, per servirci la loro idea di rock 'n' roll e di show: una lectio magistralis in piena regola!








Sarà, a quanto dicono, una delle ultime serate qui al Donchisciotte, nonostante la strenua resistenza dei ragazzi, soprattutto per difendere la rara preziosità di ciò che dalla loro gestione è scaturito in questi intensi quattordici anni.
C'è una latente amarezza, avvolta nella coltre di fumo e in fondo ai bicchieri di birra gettati nel cestino, ma anche speranza, quando vedi negli occhi dei giovanissimi brillare un senso di appartenenza già sbocciato nonostante il poco tempo a disposizione per affezionarsi al luogo.
Il senso di tutto quello che è stato fatto va a sedimentarsi nelle coscienze di chiunque sia passato da qui, dalla vecchia scuola elementare all'incrocio buio.
Se da questo esempio di libertà aggregante comincerà, altrove, un'altra storia, sapremo che nessuno sforzo sarà stato vano.











Grazie ancora, Donchisciotte.

Luz