venerdì 3 agosto 2018

Tuscia Hardcore Party







Ore diciotto di un caldissimo ventotto Luglio.
Siamo venuti a Viterbo perché per tutto il pomeriggio, nella campagna circostante la città, a Srada Filante, ai bordi di un'oliveto, sarà di scena l'Hardcore. L'erba secca scricchiola sotto le ruote quando ci infiliamo tra una pianta e l'altra per parcheggiare.
 C'è odore caldo di fieno e di qualcos'altro.

La rampa da skate ci si para davanti, sembra quasi un'installazione postmoderna, un arco rovesciato all'insù, che viene chissà già da quante ore solcato avanti e indietro da abili, tenaci e sudatissimi skaters. Mi metto ad osservarli: fanno il loro show parallelo al concerto, quasi avulsi dal tutto. Non smetteranno mai neanche un attimo e, sei ore dopo, quando ce ne andremo, loro saranno ancora lì nella semioscurità, a cercare la parabola perfetta per un trick, come surfisti in attesa dell'onda giusta.
Prendiamo una discesa laterale e scendiamo nell'arena che ci ospiterà in questa giornata di sorrisi e urla feroci, sotto un sole che forse sta pensando di togliere il disturbo, ma molto con comodo.
Il palco è già occupato, il primo gruppo ce lo siamo perso, lo scopriamo con rammarico. Adesso tocca ai MaxCarnage.
Tre colpi di bacchette e parte "Schifo Vendesi".
Leo si volta e salta giù, non si fa in tempo a capire se abbia preso o meno la mira per atterrare senza sfracellarsi, ma tant'è. Ora è faccia a terra con il microfono premuto sulla bocca e non perde il filo del discorso. Numeri su numeri, acrobazie con il cavo che lo ostacola, ma che gestisce come un nastro da volteggio o che usa come corda per far saltare un ragazzo che ha capito che si può fare anche questo, mentre la band suona un death metal fitto di stoppati, assoli frullati di note, doppio pedale a mitraglia. Ogni pezzo un combattimento corpo a corpo col terreno che reagisce sputando polvere e appiccicandosi alla schiena di Leo, che nel frattempo è rimasto in mutande.
MaxCarnage




Divertiti e con l'animo già ampiamente predisposto a scaricare ancora tanta settimana lavorativa in quel prato, ci voltiamo verso gli spalti di questo teatro naturale. Il poggetto falciato ospita già decine di persone sedute o in piedi, e che circondano l'immancabile mercatino di dischi e magliette, che si è ritagliato uno spazio perfetto, su un piano rialzato da dove si domina tutta la scena.


Persone di tutte le età e fedi musicali, con i più svariati look, dai più ortodossi HC Punks ai casual con camicia hawaiiana aperta, colorano lo spazio che ci circonda.
E intanto salgono sul palco i No More Lies.
E' già cambiato l'umore là sotto. Ora l'Attitudine si fa notare con più forza. Questa band è formata da musicisti-pilastro della scena romana e sa il fatto suo. Il sole è ormai basso, non ci si deve più astenere dal coinvolgimento emotivo che le parole chiare del Marinaio provocano, si può cominciare a spingersi e a pogare. L'esistenza ti mette alla prova, la società è un ring, un gioco da duri?
Reagisci, non mollare mai. Punk in purezza, in italiano incazzato.
Leisfa
Tocca ai Leisfa (Luca E I Suoi Fantastici Amici), da Genova.
Si dipana un suono più morbido dalle corde di chitarra e basso, e i beat rallentano per far sedere le emozioni comodamente. Di nuovo si cambiano linguaggio e temi. Lo fa Gippy, bandana verde legata intorno alla fronte, scalzo sull'erba, mentre danza davanti al semicerchio che formiamo, curiosi di sapere come finisce quella storia di cui sta gridando.
L'amarezza di una sconfitta può accomunare. Una rabbia sopita e malinconica ci sale su per la gola, cantiamo qualche ritornello imparato in quel momento, non appena il giro ci ritorna su.

L'odore di salsiccia grigliata e cipolle e peperoni è troppo forte e invitante, ci concediamo una cena rigenerante.
Che organizzazione in quei pochi metri quadri!
Commando Hardcore, campo base.
Seguo i movimenti frenetici dei fonici che coordinano palco e mixer per nove band di fila, impassibili, neanche minimamente scalfiti dai decibel che sparano loro addosso ormai da quattro ore.
Chirurgicamente precisi nel tumulto.
Eppure sento un check veloce che mi fa pensare al crossover dei novanta, di Rage Against the Machine e simili.
E' certamente perchè stanno cominciando a suonare e rappare i La Furia!
La Furia!
E sull' "one-two!" non si discute, le parole contano e si pesano ancora di più.
E' difficile capire come facciano a ricordarsi così tante battute, concetti, ragionamenti. 
Sicuramente perché è tutto così profondamente interiorizzato che scivolano via da soli.
Lì sotto dondoliamo tutti la testa irrefrenabilmente e, mentre la band dimostra di saper disegnare qualsiasi architettura hip-hop senza bisogno di looppare alcun sample, abbiamo già accerchiato  i due rapper, e inizia ad essere alta l'adrenalina e fortissima l'empatia fra i presenti.
Si cerca il contatto fisico con il gruppo, i fan dei LaFuria! cantano i pezzi direttamente sul microfono, su gentile concessione dei cantanti che ne liberano un centimetro, stretti in un abbraccio a quattro, a cinque, a dieci.
Azione Diretta

 Tutto questo va accentuandosi ulteriormente quando viene il turno degli Azione Diretta.
Il significato della parola "scena" si manifesta nelle decine di braccia alzate che, a ritmo, accompagnano i versi scanditi da Pot, alla voce. La band percepisce l'affetto che questi supporters venuti da più città vogliono far loro sentire e dà tutto quello che ha in accordi, sudore e combo di cassa-timpano-rullante.
Ovazione fissa e stage-diving ormai inevitabile, visto che il sotto-palco è affollatissimo.
Non abbiamo potuto fare a meno di notare che un paio di punks stile anni ottanta, uno con una cresta bionda di dieci centimetri che arma la sua testa, borchie e magliette strappate, si muovono costantemente fra il parcheggio e il retro-palco, portando chitarre e pezzi di batteria.
Call The Cops
Sono i Call The Cops e sembrano tipi calmissimi.
E lo sono, in effetti, tra un pezzo e l'altro.
Quando invece rintocca il quarto colpo di bacchette svuotano il caricatore su di noi con furia cieca.
Crust, punk violento, esagitato, spallata al sistema, un calcio in bocca al potere.
Dopo ogni pezzo una breve introduzione al successivo. Con ironia sbeffeggiano i subdoli metodi di circonvenzione del mainstream, poi parte un'altra raffica di power chords rapidissimi a squarciare il buio.
Volteggiano gli anfibi e i torsi scomposti di chi si lascia andare, sorretti da braccia che si prestano allo sforzo.
La giostra del punk prosegue la sua corsa.
Il livello di scontro fisico a ridosso del palco si fa ardito. Questo non dispiacerà di certo agli Affluente.
Affluente
Una cassettina ce li ha fatti conoscere venti anni fa.
Un po' è stato anche leggere quel nome sulla locandina che ci ha fatto prendere la decisione di venire fin qui.
Da tempo le cose sono cambiate nella band. Lo storico cantante e fondatore Carlo Cannella non c'è più, ma vale la pena realizzare il desiderio di ascoltare il concerto di una delle band pioniere dell' Hardcore italiano.
Non obbedire agli ingiusti ordini di questo mondo impazzito potrà forse salvarci la pelle, nel tentativo di una disperata ma necessaria Resistenza. Fermare il nastro trasportatore di vite costruite in serie e risvegliarsi dall'incubo.
Lo show è pianamente all'altezza delle aspettative, ne eravamo certi.






E' mezzanotte e mezza.
Per noi è giunto il momento di lasciare il Tuscia Hardcore Party.
Mentre risaliamo verso l'oliveto salutiamo con lo sguardo, voltandoci all'indietro, quel vortice ansimante di corpi che ancora centrifuga nel polverone.
Il rumore delle ruote degli skates sulla rampa si è affievolito, ma non estinto del tutto.
Il parcheggio è ormai pieno ed è tutto un pullulare di voci nel buio e torce dei telefoni che si fanno strada. La notte sarà ancora lunga a Strada Filante.

Luz